NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo

"Rete" delle cure palliative

cento 2

L’Alto Ferrarese lancia la sua rete delle cure palliative, nel segno della continuità assistenziale.

La presentazione del progetto è avvenuta in mattina, nel chiostro dell’ospedale Santissima Annunziata di Cento, alla presenza del direttore generale dell’Ausl, Claudio Vagnini, della direttrice del Distretto Ovest, Annamaria Ferraresi, del sindaco di Bondeno Fabio Bergamini e del suo omologo centese, Fabrizio Toselli. «Le cure palliative non sono da ricondurre unicamente al fine vita, sono un approccio multidisciplinare che permette di intervenire sul dolore. Perché vivere con il dolore peggiora la qualità della vita anche di chi sta attorno», è il messaggio che lancia il direttore Claudio Vagnini. L’approccio che si vuole dare sul territorio, al contrario, è quello di una migliore qualità della vita, «creando luoghi di integrazione, perché l’assistenza oggi non avviene soltanto in ospedale, ma anche a domicilio ed a livello ambulatoriale, oltreché nelle Cra», dove si vuole entrare con nuovi servizi in futuro, sottolinea Annamaria Ferraresi. La rete territoriale delle cure palliative è più giovane del sistema degli “hospice”, perché – dopo l’accordo Stato-Conferenza delle Regioni del 2012 – si è dovuto attendere il 2015 per vedere decollare il progetto. «Il dolore è una delle prime forme di esclusione sociale – ricorda il sindaco di Bondeno, Fabio Bergamini – come ci insegna Hanna Arendt. Al di là di momenti di presentazione come quello di Cento, che serve ad informare la stampa, occorre proseguire in un’azione informativa che permetta alle famiglie di conoscere nel dettaglio i servizi». Nel caso delle cure palliative, il primo contatto informativo è sempre quello con il medico di medicina generale, che è in grado di valutare la situazione ed attivare (con richiesta online) il servizio entro 72 ore. Un elemento non trascurabile poiché, come evidenzia il sindaco di Cento, Fabrizio Toselli: «il concetto che dobbiamo sostenere è quello di “rete”». E allora, ecco che la rete delle cure palliative è diventata realtà. Partendo dai casi dei pazienti oncologici, ma abbracciando in seguito varie situazioni. Bondeno e Cento saranno il fulcro del servizio per quel che attiene l’Alto Ferrarese.

«Le patologie oncologiche fanno segnare un decremento, per effetto delle diagnosi precoci (e delle campagne informative; ndr) – spiega il professor Antonio Frassoldati, direttore del Dipartimento di Oncologia clinica dell’ospedale di Cona –. Va sfatato – prosegue – il concetto secondo cui le cure palliative entrano in campo quando le terapie oncologiche non servono più. Parliamo del principio dei vasi comunicanti, per cui i due trattamenti si affiancano, finché la palliazione diventerà prevalente». «Questo approccio – è il pensiero della dottoressa Loretta Gulmini, che coordina la Rete delle Cure palliative – si sviluppa con le fasi della malattia. E’ fondamentale prendere a carico il più precocemente possibile il paziente: non solo quello oncologico, ma per esempio anche quello affetto da malattie neurologiche, come la Sla o le demenze. Per migliorare la qualità della vita dei pazienti è fondamentale l’approccio psicologico delle famiglie». La presa in carico per le cure palliative (che si distinguono per il tipo di presa in carico: “di base” e “specialistica”) avviene dopo un contatto con il medico di famiglia, con una procedura online. Segue una valutazione di un’équipe specialistica, dopo una visita domiciliare o ambulatoriale-distrettuale. «L’attivazione della centrale di dimissioni – prosegue Gulmini – ha permesso di anticipare la presa in carico del paziente». Attraverso il concetto di dimissioni “difficili”, che permette di intervenire subito, in favore di una continuità assistenziale sul territorio. Per esempio, attivando l’assistenza domiciliare all’indomani delle dimissioni ospedaliere. Il medico palliativista Salvatore Alongi spiega come l’approccio adottato consenta di aggiungere «vita ai giorni, non giorni di vita al paziente». Perché il trattamento non è rivolto al sintomo o alla malattia, ma centrato sulla persona, sul suo vissuto, sul suo nucleo familiare e parentale. E’ in questa direzione che si vuole assicurare la miglior qualità della vita possibile, in tutte le fasi della vita dei cittadini.

cento 2

pubblico

cento 1

Condividi il contenuto su FacebookCondividi il contenuto su Google PlusCondividi il contenuto su TwitterCondividi il contenuto su LinkedIn